mercoledì 17 aprile 2013

Le molestie in condominio

molestie condominiali

Credo sia capitato a tutti, o quasi, avere avuto dei vicini di casa poco simpatici, certo non è un requisito essenziale che nel contratto di locazione è previsto e trattato, ma a volte la poco simpatia può trasformarsi in qualcosa di altro: per esempio dare vita ad accesi diverbi, liti, dispetti e via discorrendo…….a volte possono anche trasformarsi in vere e proprie molestie. Ed è qui che, oltre che avere poco simpatia , subentrano altri aspetti di natura legale. Una delle molestie frequenti è l’attività di gettare dal proprio balcone, terrazzo, finestra oggetti o liquidi sulla proprietà del vicino “di sotto”. A quest’ultimo inquilino la legislazione italiana prevede delle forme di tutela.

la nomativa di riferimento

L’art. 674 del codice penale (getto pericoloso di cose) che punisce “chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone”. In un recente passato, la giurisprudenza ha affrontato tali situazioni stabilendo che: “l’idoneità lesiva della condotta è correlabile anche ad oggetti, ma in questo caso il fatto non ha rilevanza penale” (Cass. pen., sez. III, sentenza 13 aprile 2010 n. 22032), il che significa che se dal gettito non vengono danneggiate direttamente le persone, allora tale previsione normativa non è configurabile. Una sentenza recentissima, che qui di seguito si indica, (Cassazione penale, sez. III, sentenza 11.04.2013 n° 16459" tratta dall'articolo del sito web Altalex), invece, si è data un’interpretazione estensiva della figura incriminatrice di cui all’ 674 c.p. ritenendo che, anche il gettito di cose che danneggiano in una prima analisi solo le “cose” , possono essere idonee alla molestia delle persone

il rendiconto delle spese condominiali

le novità normative :

Una nuova previsione normativa moderna, per essere al passo con i tempi, deve poter prevedere una maggiore trasparenza, rispetto al passato, tra i rapporti che hanno ad oggetto la gestione di denaro, la loro rendicontazione, soprattutto quando si ha a che fare con una molteplicità di persone, quali i condomini. Pertanto, la riforma del condominio prevede anche una trasparenza nella gestione contabile dell’amministratore. A questo si è arrivati concretamente, aggiungendo al codice civile un nuovo articolo, il 1130 bis relativo proprio al rendiconto condominiale.

l'iter :

In passato, così come avviene ancora oggi, non è necessario che la contabilità condominiale sia tenuta dall’amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per le società commerciali, ma l’unico obiettivo è quello che la stessa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di spesa in entrata, in uscita, con le relative ripartizioni. Tuttavia, dalla giurisprudenza si ricava la necessità che nella sua attività, l’amministratore, si attenga ai principi di ordine e di correttezza e che, in un secondo momento, nel redigere il bilancio , approdi ad un documento chiaro, proprio per il fine sopra descritto, per prendere visione delle entrate e delle uscite con la relativa ripartizione. Il rendiconto, insieme ai documenti che lo sostengono devono rapportare e provare le singole voci che lo compongono. L’art. 1130 bis prevede un rendiconto condominiale annuale. Esso deve contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione da parte di ogni condomino al lavoro dell’amministratore. Elementi essenziali sono: Il registro di contabilità; Il riepilogo finanziario; Una nota sintetiche che accompagni il tutto. L’assemblea inoltre potrà, se lo riterrà opportuno, nominare un revisore di fiducia per le verifiche contabili, ovviamente ripartendosi le spese che ne conseguono, altresì nominare un consiglio di condominio composto da tre condomini, negli edifici con almeno dodici unità immobiliari. Infine, le scritture devono essere conservati per dieci anni dalla data della loro registrazione.

martedì 16 aprile 2013

normativa per gli impianti di videosorveglianza in condominio

Impianto di Videosorveglianza

La Video Sorveglianza

Ecco una ulteriore novità trattata dalla nuova riforma del condominio. Tale tema, molto attuale, è stato più volte oggetto di discussione in sede giudiziale, creando, di volta in volta, decisioni differenti, soprattutto per quanto riguarda la loro approvazione da parte dell’assemblea condominiale. Alcune sentenze sostengono che la videosorveglianza non sia neppure materia da sottoporre alla volontà dell’assemblea, altre per converso, sostengono la necessità dell’unanimità dei consensi.

Il codice civile

A tutto questo la riforma ha fatto un passo in avanti, aggiungendo al codice civile l’art. 1122 ter, il quale prevede la facoltà di decidere l’installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni con la maggioranza di cui all’art. 1136 secondo comma del c.c. (numero di voti che rappresentano la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio).Si tratta della ripresa di spazi ed aree comuni, che raggiungono certezza normativa, in una, come già accennato, confusione giurisprudenziale. Utile considerare che la giurisprudenza penale non è stata ostativa alla questione, difatti ha ritenuto che non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata, art. 615 bis c.p., nel caso in cui il soggetto attivo effettui, attraverso l’uso di telecamere installate all’interno della propria abitazione, riprese dell’area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e , pertanto, esclusi dalla tutela di cui all’art. 615 bis c.p., la quale concerne, sia che di tratti di domicilio, di privata dimora o appartenenza ad essi, una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui egli vive la sua vita privata. In modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza. (Cass.pen. sez. V sent. 29/10/2008).

Le registrazioni

Le registrazioni dovranno, infine, essere conservate per un periodo limitato ad un massimo di 24 ore, salve disposizioni urgenti da parte delle autorità per fini dio indagine. Cosa molto diversa è la videosorveglianza del singolo condomino: Tale videosorveglianza viene sovente effettuata per soli fini personale, ad esempio un videocitofono, oppure videocamere posizionate sull’ ingresso di casa o sul box auto. Si ricorda che, al fine di evitare di intercorrere nel reato descritto prima di tutela penalistica, l’angolo della visuale delle riprese video deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza.

venerdì 12 aprile 2013

Impianti satellitari nel condominio

Le istallazioni satellitari in condominio

Molto brevemente si cerca di illustrare cosa è cambiato ai fini delle installazioni degli impianti satellitari, previsti all’art. 30 del testo della Riforma. Consideriamo anzitutto che il fine è quello di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, e le opere di installazione sono state definite innovazioni necessarie ai sensi dell’art. 1120 del c.c. comma 1. Ed in tal senso, i condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’Articolo 1136, potevano “disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”. Mentre attualmente, la legge di riforma è intervenuta proprio in proposito alla formazione della volontà assembleare, stabilendo che per tali delibere è necessaria una votazione pari a un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, così come descritta dal secondo comma dell’art. 1120 c.c. 

Esonero dal pagamento

Di conseguenza è esclusa la possibilità da parte dei condomini, che non intendono trarre vantaggio, di essere esonerati dal pagamento ed eventualmente concorrervi in un secondo tempo. Di fatti si può concludere che se l’antenna satellitare centralizzata è stata installata dal costruttore rientra tra le parti comuni dell’edificio di cui al n.3 dell’art. 1117 c.c. , ed il condomino, in base al successivo art. 1118 comma 3 c.c. , non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni. L’opera quindi costituisce innovazione necessaria e non può essere qualificata voluttuaria, né soggetta, in quanto suscettibile di utilizzazione separata, al regime di esonero da contributo previsto dall’art. 1121 c.c. in favore dei condomini che non intendano trarne vantaggio.

Impugnazioni delle delibere assembleari

Eccoci, nuovamente, a riprendere, brevemente, il discorso sulla nuova normativa del condominio. Altro punto trattato, riguarda la “famosa” impugnazione della delibera assembleare. Da sempre oggetto di discussione infinita tra sulla reale applicazione dell’art. 1137 del c.c. (testo coordinato del codice civile dal sito web Altalex) e le problematiche interpretative che lo riguardano. Viene, al giorno d’oggi, chiarito definitivamente che l’impugnazione in questione, con particolare riferimento al termine di decadenza che ne connota l’esperibilità, vale soltanto per i casi di annullabilità delle delibere e non anche per le ipotesi di nullità. La mancanza di precise indicazioni sulla distinzione tra decisioni assembleari nulle o annullabili ha portato negli anni a correnti giurisprudenziali differenti (a volte contraddittorie), la Suprema Corte però ha generalmente sostenuto che le deliberazioni assembleari siano da considerarsi nulle quando siano prive degli elementi costitutivi o siano affette da vizi relativi alla regolarità della costituzione dell’assemblea o della formazione della volontà assembleare. 

Per contro, una deliberazione assembleare annullabile sarà considerata tale quando contenga delle difformità meno gravi rispetto al modello legale. Una precisa conseguenza di ciò è che, mentre per le prime, deliberazioni nulle, non possono essere né sanate né convalidate, quelle annullabili sì. La Corte di Cassazione è intervenuta sulla delicata questione con una decisione a Sezioni Unite (n.4806/7.03.2005) proprio allo scopo di dirimere i contrasti giurisprudenziali in materia. (se ne consiglia la lettura n.d.r.). Le revisione dell’art. 1137 c.c, anche alla luce dei chiarimenti della Suprema Corte, parla ora espressamente di annullamento delle deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio da chiedere alla competente autorità giudiziaria, nel termine perentorio di 30 giorni, che decorre dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. 

Legittimati alla impugnazione saranno i soggetti che avranno contestualmente: la legittimazione e l’interesse ad agire, ovvero il condomino assente, dissenziente o astenuto.

mercoledì 10 aprile 2013

quando è obbligatorio l'amministratore di condominio

Chiarito ciò, vediamo quando è obbligatorio che il condominio nomini un amministratore. Il primo comma dell’art. 1129 c.c. riformato recita:
"Quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario." Una volta che un condominio è composto da nove condomini (intendendo per condomini cinque diversi proprietari di distinte unità immobiliari), questi devono riunirsi in assemblea per nominare un amministratore. Altresì, la nuova riforma prevede che, non solo le persone fisiche possono svolgere tale incarico ma anche le società. In tal caso, la legge dice che, i requisiti (su menzionati n.d.r.) devono essere posseduti “dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi”. 

L’affidabilità della persona giuridica si basa sulla qualità dell’oggetto sociale, sulla congruenza di esso rispetto alla situazione dell’ambiente e del tempo in cui l’oggetto deve essere perseguito, sulla pubblica stima. Decisiva è stata la sentenza della Cassazione 22840/2006 la quale si esprime indicando che l’incarico di amministratore viene spesso conferito a professionisti esperti in materia di condominio e in grado di assolvere alle numerose e gravi responsabilità ascritte all’amministratore dalle leggi speciali, è ragionevole pensare che avuto riguardo al continuo incremento dei compiti che questi possano venire assolti in modo migliore dalle società di servizi che nel loro ambito annoverano specialisti nei diversi rami. Questo è il medesimo pensiero che spinge anche l’attività svolta proprio dal Punto Giuridico.

Requisiti del nuovo amministratore di condominio

Anche la figura dell’amministratore di condominio ha avuto una “rispolverata” con la nuova riforma, indicando in modo preciso quali requisiti personali e professionali debba avere questa figura così importante e centrale nel complesso mondo dei condomini. Sino a pochissimo tempo fa, prima della riforma, né il codice civile, né le leggi speciali ponevano dei limiti allo svolgimento della professione di amministratore condominiale. 
Quindi era possibile svolgere tale professione anche senza necessità di qualifiche particolari. L’art. 25 della Riforma tratta, per l’appunto, tale argomento ha inserito gli articoli che vanno dal 71bis al 71quater delle disposizioni attuative del codice civile. 

Il primo di questi (71bis) elenca i requisiti per lo svolgimento dell’incarico di amministratore tra i quali, si ricordano: 
  • Godere dei diritti civili 
  • Non essere stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio; delitti non colposi per il quale sia prevista la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e nel massimo a cinque anni; 
  • Non essere annotati nell’elenco dei protesti cambiari. 

L’elenco prosegue e si rimanda, pertanto, alla lettura di tali articoli, ma si vuole sottolineare che la perdita di uno dei requisiti implica la cessazione dell’incarico. In tal caso l’assemblea può essere convocata da ciascun condomino, importante dire che non si tratta di una ipotesi di revoca, ma di una decadenza per il venir meno di requisiti oggettivi, si ritiene a tal proposito che il condominio debba avere da parte dell’amministratore una dichiarazione scritta circa il possesso da parte sua di tali requisiti, oltre all’impegno di seguire corsi di formazione professionale richiesti dalla riforma.

Animali in condominio

Animali in condominio
Chi di noi non ha mai sentito parlare qualcuno dei nostri amici e conoscenti sulle problematiche condominiali ? Una argomentazione su tutte, oltre al vicino di sopra che stende i panni oscurandoci la “vista”, è sicuramente la presenza di animali in casa. Di recente costruzione la nuova disciplina del condominio prevista dalla legge di riforma 11 dicembre 2012, n. 220, “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17/12/2012.  Le nuove norme entrano in vigore il 18 giugno 2013.  Al riguardo della detenzione degli animali in casa, la novità riguarda la revisione dell’art. 1138 c.c. il quale sancisce l’impossibilità di apporre limitazioni, nei regolamenti condominiali, alla possibilità di accogliere animali all’interno della proprietà: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. Quindi di fatto non sarà più possibile vietare di possedere o detenere animali da compagnia. 
  • Ma cosa accade per quei regolamenti condominiali che espressamente vietano già la libera detenzione di animali domestici ? 
In questo caso, le disposizioni vigenti restano tali, ma permane la possibilità che lo statuto condominiale venga emendato dall’assemblea, gli inquilini potranno approvare con almeno la maggioranza dei presenti in rappresentanza del 50% dei millesimi, una delibera che modifichi il regolamento in questa sezione specifica. Da aggiungere che la norma per eccellenza del buon vicinato, prevede che bisogna sempre evitare immissioni rumorose oltre il limite della “normale tollerabilità”, pertanto ove tale limite si superi l’animale potrà essere anche allontanato con provvedimento di urgenza da parte dell’Autorità giudiziarie, impedendone anche il ritorno quando producano immissioni insalubri, e intollerabili. Del resto, infine, il rischio è di commettere anche il reato previsto all’art. 659 c.p. riguardante il “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”.

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